Bologna rappresenta da decenni, non solo a livello simbolico, un crocevia delle ispirazioni politiche, economiche e culturali più nefaste della nostra repubblicana del nostro Paese.
Chi era già adulto negli anni settanta ricorda bene che in questa città, già sede della federazione comunista più forte di tutto l’Occidente, trovò la sua massima espressione il “modello rosso” di amministrazione degli enti locali. E ormai anche i bambini sanno che proprio a Bologna – storica sede centrale dell’Unipol e della Lega Coop – è stato perfezionato il consolidato modello di (sotto)sviluppo economico, che si fonda sul circolo vizioso di solidarietà e favori reciproci tra Stato, sindacato, partito e cooperative.
Tuttavia, per dirla con la Settimana Enigmistica, forse non tutti sanno che nel centro di Bologna, tra i portici, le chiese e i ristoranti, si trova anche il cosiddetto miglio d’oro (che meglio dovremmo definire “miglio rosso”) di Strada Maggiore.
Questa via stretta ed intasata, partendo dalle due torri, attraversa l’antichissimo borgo cittadino dove già l’Alighieri, nel De vulgari eloquentia, riteneva che si parlasse il migliore dialetto italico. Qui oggi ritroviamo nell’ordine le sedi storiche del Mulino, di Nomisma, e infine la facoltà di Scienze Politiche.
Il Mulino è la casa editrice che più di ogni altra, sul piano scientifico, ha cantato le lodi del riformismo all’emiliana. Mentre Nomisma, la società fondata da Romano Prodi le cui consulenze stramiliardarie fanno discutere fin dai tempi dell’Iri, rappresenta simbolicamente il sistema di favori e solidarietà intrecciate, su cui un intero ceto dirigente di questo Paese fino ad oggi ha prosperato all’ombra dello Stato, e contro la libera impresa.
In Strada Maggiore del resto ha sede anche la “Vantu”, la società di partecipazioni che gestisce gli affari di Angelo Rovati, il consigliere del premier (si fa per dire) che ci voleva far credere di aver ideato tutto da solo il piano di ri-statalizzazione della Telecom.
Più avanti, nella facoltà di Scienze Politiche, troviamo una sede universitaria che, per quanto appartenuta anche a Nicola Matteucci – grande intelligenza liberale appena scomparsa – e nella quale ancor oggi insegnano personalità laiche e democratiche come Angelo Panebianco, rappresenta pur sempre un importante centro di irradiazione del pensiero statalista in Italia.
Più che del pensiero, sarebbe meglio dire della prassi: proprio in questa facoltà Romano Prodi, il noto spiritista di Scandiano, l’uomo che russa da sveglio, ha ottenuto mediante un dotto studio sull’industria delle ceramiche nel modenese – al quale non risulta abbiano fatto seguito altre opere memorabili – quella cattedra che ancora oggi gli consente di farsi chiamare “il Professore”.
E nella stessa facoltà tuttora esiste un’altra cattedra di assai dubbia utilità, ma di certo stipendio pubblico, mediante la quale la moglie del nostro premier integra i dividendi della società immobiliare “Acquitania S.r.l.”.
Quest’ultima società merita qualche parola in più, nell'ambito del nostro grand tour cittadino: essa infatti ha sede sempre nel centro di Bologna, nella vicinissima via Castiglione, proprio dove ha lo studio il dottor Piero Gnudi, commercialista di fiducia del premier, che guardacaso, oltre ad essere stato consigliere e liquidatore dell’Iri, oggi è anche il presidente dell’Enel.
La Acquitania è intestata per la metà alla signora Flavia Prodi, e per l’altra metà è intrecciata con una serie di società fiduciarie che, controllandosi l’una con l’altra, per un verso o per l’altro rimandano sempre agli interessi degli amici di famiglia, tra cui il predetto Angelo Rovati ma anche Luca Cordero di Montezemolo.
Non va peraltro dimenticato che a brevissima distanza da Strada Maggiore, nella parallela via san Vitale, troviamo quell’Istituto di Scienze Religiose che – sotto la guida spirituale del fondatore don Giuseppe Dossetti – è il principale centro di irradiazione del pensiero “postconciliare”, che dagli anni sessanta ad oggi tenta di guidare in senso filocomunista la sensibilità cattolica degli italiani.
Inoltre, va detto che quest’ultima benemerita fondazione fa il paio con il più decentrato, ma sempre bolognesissimo, Istituto Gramsci dell’Emilia-Romagna, che rappresenta ancora, con il suo attivo centro studi, uno storico caposaldo del pensiero comunista in Italia e in Europa.
Sempre a poca distanza dal “miglio rosso” di Strada Maggiore, si trova la sede centrale dell’Università di Bologna. Che è l’Università di Umberto Eco, e di tanti altri numi tutelari del sinistrismo italico. E che trova il suo cuore pulsante nell’ormai irriconoscibile piazza Verdi, che con il suo sfacciato degrado rappresenta il simbolo del declino cittadino, indotto dall’amministrazione di Sergio Cofferati e dai suoi assessorati partitocratici.
Contro questi ultimi i commercianti e gli artigiani – che storicamente rappresentano, assieme ai liberi professionisti e ad alcuni imprenditori, l’unico ceto produttivo indipendente della città – sono ormai giunti dichiaratamente alla rivolta.
Insomma, nel ricostruire tutti questi intrecci del “miglio” bolognese, vien da comprendere per quale intuizione ante litteram un genio della musica come Gioacchino Rossini abbia, ancora giovanissimo, lasciato Bologna per Parigi, per poi non fare più ritorno in Patria: difatti la sua casa bolognese si trova anch’essa in Strada Maggiore, peraltro quasi all'altezza di via Gerusalemme, l'ormai nota viuzza trasversale dove il premier in carica e la sua attivissima signora mantengono tuttora la propria residenza.
Per finire il nostro grand tour, ci piace ricordare che è sempre a pochi metri dal suddescritto dedalo di strade medievali che si trova, nel vecchio ghetto ebraico, quella via Valdonica dove terroristi comunisti hanno assassinato Marco Biagi. Cioè quel professore che – tra gli attacchi della sinistra massimalista, e anche dello stesso Cofferati – ha promosso la legge che riforma in senso più liberale il mercato del lavoro in Italia.
Il potere evocativo di Bologna non è peraltro solo una questione di luoghi. Infatti, il capoluogo emiliano ha dato i natali a diverse personalità della nostra recente storia politica: i più noti sono Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini, la matrice petroniana dei quali – con il suo inevitabile corredo di memorie e di amicizie – gioca probabilmente un ruolo nella genesi di quei dubbi amletici con in quali ogni tanto entrambi tentano personali smarcamenti dalle posizioni di centro-destra ai quali la politica li ha assegnati.
Se il primo difatti spesso e volentieri strizza l’occhio ai moderati di sinistra, spinto dal richiamo della foresta democristiana, il secondo ogni tanto si concede personali incursioni verso il mondo laicista, tanto ardite ed inattese da spiazzare i suoi stessi colonnelli.
Ah, a proposito di laicismo, quasi dimenticavamo di scrivere che Bologna è anche una storica capitale della fecondazione assistita, dove ha la sua clinica universitaria il professor Carlo Flamigni (già consigliere comunale di sinistra), e dove sia il tasso di denatalità che quello di aborti sono storicamente tra i più alti d’Europa e quindi del mondo intero.
Ma non solo Fini e Casini hanno avuto i natali a Bologna: Luca Cordero di Montezemolo, il mitico presidente di quasi tutto ciò che in Italia rappresenta la grande industria assistita dallo Stato, è nato in via Saragozza. Quasi all’ombra del santuario di san Luca, che dal colle protegge le sorti della città “sazia e disperata”, la Sodoma e Gomorra dei cattolici liberali italiani.
Colui che sta scrivendo questo post, che come tanti bolognesi è fuggito ad abitare sulle colline appenniniche appena fuori dalla cerchia del comune, vede dal proprio terrazzo di casa la sontuosa villa di Pianoro nella quale il nobile Monteprezzemolo tuttora risiede.
Per fortuna, a Bologna non sono nati solo i simboli dell’Italia che non ci piace.
Qui, almeno a livello simbolico, ha avuto i suoi natali anche il bipolarismo, e cioè la speranza di poter avere anche nel nostro Paese un’alternativa di governo più vicina al resto dell’Occidente. E’ stato infatti in un centro commerciale di Casalecchio di Reno, a due passi dal già citato santuario di san Luca, che in un giorno di novembre del 1993, Silvio Berlusconi – che era venuto per l’inaugurazione – preannunciò l’imminente “discesa in campo”, schierandosi a favore di Fini nelle imminenti elezioni del sindaco di Roma.
Tuttavia, oggi quell’ipermercato non è nemmeno più di proprietà dell’uomo di Arcore. Il quale, da quella volta, non ha quasi mai più parlato in pubblico a Bologna.
Forza Italia, nel capoluogo felsineo, è sempre stato un partito debole e di scarso profilo, che si puntella sull’iniziativa di gruppi vicini a Comunione e Liberazione, e – quasi a voler sottolineare che dentro le mura cittadine non c’è speranza – su consiglieri regionali provenienti dalla provincia.
Giorgio Guazzaloca, l’uomo che espugnò la fortezza rossa nel 1999, si è più volte pubblicamente vantato del fatto di avere sequestrato e messo sotto chiave i manifesti con la faccia di Berlusconi, che gli erano stati inviati per sostenere la sua campagna elettorale. Ciò in quanto era convinto, probabilmente non a torto, che se avesse lasciato che li affiggessero in giro per Bologna avrebbe perso le elezioni comunali.
Del resto, questa è la città dove negli anni ’90, quando per la prima volta Gianfranco Fini volle tenere un comizio in Piazza Maggiore, ci fu una mezza insurrezione che lo costrinse a parlare a pochi militanti, in una piazza blindata ed assediata da facinorosi. Eppure, oggi Fini a Bologna potrebbe tranquillamente parlare dove vuole, mentre Berlusconi si è sempre guardato dal farlo.
Per questo ci piacerebbe farci promotori di un invito, quasi un messaggio in bottiglia.
Dai, Silvio, lascia perdere Vicenza, e vieni qui a Bologna ad annunciare una nuova discesa in campo. Solo così riusciresti a sembrarci veramente convinto di essere ancora tu l’uomo della riscossa, e l’unica speranza politica della parte più libera e produttiva di questo Paese.
Dimostraci di non stare solo recitando una parte, e che non ti sei già perso in tatticismi, nell’attesa e nella speranza di poter individuare un successore. Che a noi, intendiamoci, andrebbe anche bene, semmai ce ne fosse uno non compromesso con la partitocrazia e il capitalismo di Stato, ma a quanto pare ancora non se ne vede l’ombra, tanto che Feltri oggi è persino arrivato a pensare a Mario Draghi o – addirittura! – al già nominato Luca di Monteprezzemolo.
Dimostraci di essere ancora quello di sempre, che non ha paura di guardare in faccia il drago statalista e comunista, e vieni qui a sfidarlo a casa sua. E portaci anche i tuoi militanti da fuori, magari dal Nord Est produttivo, che noi da soli non ce la facciamo per i motivi già sopra ampiamente illustrati.
Persino qui a Bologna - passaci il francesismo - ormai si sono incazzati tutti quanti, o almeno tutti quelli che non vivono alla greppia del partito, delle coop, dei sindacati o del pubblico impiego. Quindi forse non ti accoglieranno malissimo. Anche se tra i nostri ceti produttivi c’è tuttora poca voglia di ammettere quanto stiano loro fischiando le orecchie, nel ripensare a quella tua mitica frase sui “coglioni che voteranno contro i loro interessi”.
Se ci darai retta, a questo piccolo blog di liberali teo-con – autentiche mosche bianche nella Sodoma e Gomorra bolognese – piacerà pensare che questa città non è poi così in declino, e che c’è una luce in fondo al tunnel. E racconteremo ai nostri pochi amici che ti abbiamo invitato noi. Pensaci.
7 commenti:
Ottimo post.
Hai dimostrato splendidamente che cosa si intende a sinistra per "solidarieta'"...
E il "professore" che "russa da sveglio" insiste a dire che la sua finanziaria e' "equa".
Mah! di questo passo anche i bolognesi si stancheranno di averlo tra i piedi.
Non sono di Bologna ma bensì della vicina Ferrara, la cugina povera, e comunque la frequento con assiduità avendo amici e conoscenti. Trovo il tuo articolo semplicemente perfetto e d'insegnamento per tutti coloro che vedono nel sistema "rosso" la perfezione, che non c'è.
Complimenti, dunque, e regalaci ancora, e spesso, queste tue perle.
Sinceramente Hustlazz de LaNostraOpposizione.it
Io sono nato a Modena, e so benissimo di tutto quello che hai detto perchè anch'io l'ho vissuto, vivendo a Modena e facendo l'Università a Bologna. Silvio si ricandiderà per forza, non c'è altro all'interno della Casa delle libertà con più carisma.
Straordinario post.
Ciao
Bel post. Rende perfettamente l'atmosfera , o la cappa, di inciucio perenne che costituisce l'habitat ideale di certi animali attualmente al governo, che hanno anche i lcoraggio di tuonare contro il conflitto d'interessi, quando loro sono molto peggio: da un a parte, problemi di una persona. Dall'altra, una intera casta autoreferenziale fino all'edndogamia, come le peggiori "aristocrazie" ereditarie.
Complimenti: il suo è un ottimo ingrandimento fotografico e non sarebbe male se il Po smettesse di costituire, dal punto di vista culturale, una linea di confine.
Sarebbe auspicabile che il Cavaliere si convinca che il ponte sullo Stretto va bene ma che una serie di ben piazzati ed efficienti ponti sul Po andrebbero anche meglio.
Avendo sposato una romagnola il cui padre era membro di una cooperativa Mazzini fagogitatata da una falcemartellosa coop , mi permetta di completare il suo ritratto con un non trascurabile particolare: durante il deprecato ventennio poteva capitare di trovare lavoro e solo in seguito essere obbligati a prendere la tessera del fascio; nella sinistra Emilia-Romagna invece, prima la tessere e poi il lavoro.
Qualcuno mi corregga se sbaglio.
Una stretta di mano
Magisamica: noi del Filo a Piombo siamo tutti di Bologna e tutti innamorati di questa città, come penso risulti chiaro anche dalla lettura di altri nostri post. Così come siamo tutti cattolici, come dovrebbe essere chiaro fin dalla presentazione del blog. Ci sembrava evidente che Sodoma e Gomorra è un'iperbole, e non certo una condanna irrevocabile. Diciamo che - ora che il tema sta tornando di attualità, grazie a questo grande Papa - noi siamo quelli che, anche a Bologna, preferiscono coloro che agiscono da cristiani senza esserlo, rispetto a quei cattolici che agiscono solo se in simbiosi con la Diocesi.
Cari Concittadini, mosche bianche, come me, inun panorama rosso (peraltro in via di scolorimento).
Porto un mio ricordo personale che, forse, potrà integrare il panorama tracciato.
Erano gli anni settanta, fine anni settanta.
Conferenza di Amintore Fanfani.
Un democristiano locale gli chiede perchè al governo non c'erano ministri bolognesi, di una Bologna che aveva ben 3o 4 parlamentari.
Risposta - davanti ai suddetti parlamentari e ad un giovanissimo Pierferdinando Casini - fulimante di Fanfani: i ministri li facciamo per le capacità, non per la provenienza geografica ... ;-)
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